Dal 7 al 16 agosto oltre 100 protagonisti animeranno Berchidda e le altre località in cartellone.
Paolo Fresu, direttore artistico del Festival, presenta il tema dell’edizione.
<<32 è un numero di mezzo.
Si colloca tra il 31 – naturale prosecuzione del primoriale e semiperfetto 30 – e il 33, palindromo della maturità e degli anni di Cristo oltre che numero che indica l’inizio e la fine delle cose.
32 è quasi un numero ordinale e nella sua posizione mezzana appare cifra propizia e importante. Come il numero 2 che funge da spartiacque nella suddivisione binaria e che risulta, anch’esso, fortunato e di buon auspicio. (*)
Se infatti 1/4 si dice “un quarto” e 1/3 di dice “un terzo” 1/2 è l’unico ad essere chiamato “un mezzo” in quanto “tra due” come l’edizione di questo anno di Time in Jazz e come una isola, la Sardegna, che sta idealmente tra l’Africa e l’Europa.
Una “Terra di mezzo” dunque. Come l’Arda, posta nell’universo immaginario di J. R. R. Tolkien, che lo scrittore britannico descrive come .
L’isola, pur recinta dal Mediterraneo, diviene l’oceano contemporaneo delle nuove migrazioni degli anni Duemila e si fa teatro vivo delle tematiche legate ai viaggi della speranza che dalle sponde del Nord Africa muovono genti verso il sud dell’Europa.
E’ in questo essere “nel mezzo” numericamente e geograficamente che va letta questa edizione del Festival internazionale Time in Jazz.
Una manifestazione storica che osserva e che ascolta porgendo attenzione alle migrazioni sonore e culturali di questi anni tese tra passato e presente, suoni acustici ed elettronica, mainstream e ricerca oltre che trasformazioni in essere e violente convulsioni socio-politiche.
Sempre più sentiamo la responsabilità di dover ribadire il ruolo centrale della storia musicale italiana da innestare nel più vasto linguaggio del jazz che naviga in altrettanti mari e oceani da cento anni a questa parte.
Ma quale è il nesso tra Casadei e il jazz? Oppure tra Ornella Vanoni e Tony Allen? Oppure ancora tra Gegè Munari e Nils Petter Molvær?
Lo scopriremo seguendo gli eventi del ricco cartellone di un’edizione di mezzo che traghetta Time in Jazz verso un futuro marcato non solo dai numeri, apparentemente freddi e matematici, ma dalla più calda poesia ed emozione della musica afro-americana e popolare.
Dovessimo offrire una risposta alle nostre istanze queste ci porterebbero per mano verso i luoghi misteriosi dell’arte dove tutto inizia e tutto si conclude.
Dovessimo altresì trovare una collocazione storica, sociale e antropologica – oltre che musicale – questa si localizzerebbe tra il salpo e l’approdo di un veliero in viaggio, con la mezzana spiegata in attesa di grecale.>>
(*) – Le cose buone arrivano a coppie
Detto cinese
Paolo Fresu